La rivoluzione della bellezza
Quando il primo aprile ho detto scherzando a un’amica che avevo appena saputo che Gino Strada era diventato ministro della Sanità lei non si è stupita più di tanto. Viviamo in un’epoca in cui i miracoli possono accadere, perché la pandemia ha sconvolto ogni nostra certezza e pochi desiderano realmente tornare a una normalità che era diventata insostenibile.
Per questo, quando ho letto in questa mattina di Pasqua del 2021 un’intervista su La Stampa a cura di Andrea Malaguti in cui Renzo Piano parlava di rivoluzionare gli ospedali, facendoli diventare luoghi di bellezza, ho pensato che in fondo la notizia era nell’aria.
Qualche giorno fa, avevo letto in un libro dedicato al teatro e alla danza un intervento in cui il dottor Nicola Modugno, neurologo e fondatore della associazione ParkinZone onlus, parlava di bellezza. In questo anno di pandemia, il dottor Modugno, ha concepito e realizzato, insieme a pazienti, colleghi e caregiver, un progetto online che ha preso il nome di Ospedale Virtuale, un altro “luogo di bellezza” in cui diffondere informazioni scientifiche e proporre attività artistiche e sportive come terapie complementari per le persone con il Parkinson.
“La pandemia ci insegna molte cose, ma che bellezza e scienza debbano viaggiare unite lo sappiamo da molto tempo,” commenta Renzo Piano nella sua intervista. E, a proposito di Gino Strada, ricorda come il chirurgo di guerra gli avesse chiesto di progettare un ospedale “scandalosamente bello” in Uganda. Oggi costruire ospedali belli non sembra più “scandaloso”, qualcosa di frivolo e inutile, ma è diventata una realtà rivoluzionaria, la frontiera avanzata di un nuovo Umanesimo che parte proprio da questi “luoghi di passione”, in cui all’eccellenza scientifica si affianca l’eccellenza umana.
È evidente che tutto questo discorso si collega alla riscoperta necessità di riparare ai danni dello smantellamento della sanità pubblica. E per farlo, è indispensabile fare un salto quantico, le timide riforme del passato non sono più sufficienti, perché l’ospedale del futuro sarà una “cittadella della salute dove i malati dovranno sempre avere le foglie degli alberi davanti agli occhi e la luce dovrà essere ovunque”.
Siamo pronti per questa rivoluzione in cui tecnologia e natura, scienza e bellezza, sanità e arte andranno a braccetto, mettendo l’essere umano al centro della politica, intesa come arte del vivere collettivo?
Ieri, in occasione della veglia pasquale, papa Francesco parlava della capacità tutta umana di ricominciare sempre, di non perdere mai la speranza. Oggi i confini tra credenti e non credenti si fanno sempre più permeabili: stiamo tutti imparando dalla pandemia che ciò che conta davvero è la nostra comune umanità. E ciò che ci accomuna più di ogni altra cosa è la nostra aspirazione al bello. La bellezza di un’opera d’arte, della doppia elica del DNA, della solidarietà e della giustizia sociale non hanno confini. È giunta l’era della rivoluzione della bellezza, non ci facciamo cogliere impreparati.
Andrea Spila